lunedì 5 ottobre 2020

IL MISTERO DI VIA BROLETTO 34... una storia raccontata da Sergio Endrigo



Perché mai Sergio Endrigo volle indicare quell'indirizzo resta un mistero. Oppure no. Più probabilmente fu il caso, un passaggio fortuito in quella piccola via, così centrale¹ per chiunque si trovi a Milano, che gli fece incontrare Via Broletto 34: e poi, oltre l'allitterazione così scoppiettante (broletto / trenta-quattro), la suggestione di una via che agevolmente poteva suggerire un interno borghese e un dramma altrettanto irreparabilmente borghese.

La canzone di Endrigo è un piccolo capolavoro: la struttura musicale² è perfetta nella sua capacità di contrappuntare la descrizione semplice ed essenziale di un delitto d'amore con una musica che sembra prenderne le distanze, fino a trasformarsi in una surreale favola horror, che sembra prendere le distanze dal dramma che si evoca nel testo. La musica, la melodia con il picchiettare degli archi in sottofondo, l'uso di parole gentili e di vezzeggiativi (noccioline, forellino, bimba mia, bel viso, fiore) e il modo di cantare ci trasmettono calma e tranquillità. 

Secondo una guida di Milano del 1870 c'era un ragionier Angelo Rovati e la ditta di «Cella vedova di Carlo» che trattava «olj, sapone e salumi».³  

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₁ Strada di Milano tra il Castello Sforzesco e il Teatro La Scala.
₂ Fu elogiata dal poeta Umberto Saba per l'uso delle rime baciate.
₃ la Repubblica - 18/01/2014 In via Broletto cosa c'era



VIA BROLETTO 34

Cantata da Sergio Endrigo, di cui sono sue anche le parole e la musica. 
La canzone è dell'aprile del 1962 - Etichetta: RCA Victor Serie Europa


Se passate da via Broletto
Al numero 34
Toglietevi il cappello e parlate sottovoce
Al primo piano dorme l'amore mio
È tanto bella la bimba mia
E giura sempre di amarmi tanto
Ma quando io la bacio
Lei ride e parla d'altro
O mangia noccioline

Troppe volte mi lascia solo
E torna quando le pare
E poi mi guarda appena, non dice dov'è andata
Tante volte penso di lasciarla
Io vorrei ma non posso andare
È la mia croce, la mia miseria
Ma è tutta la mia vita
Per me è tutto il mondo
È tutto quello che ho

Se passate da via Broletto
Al numero 34
Potete anche gridare, fare quello che vi pare
L'amore mio non si sveglierà
Ora dorme e sul suo bel viso
C'è l'ombra di un sorriso
Ma proprio sotto il cuore
C'è un forellino rosso
Rosso come un fiore

Sono stato io
Mi perdoni Iddio
Ma sono un gentiluomo
E a nessuno dirò il perché
A nessuno dirò il perché    





 


 
Il brano tratta un tema ancora attuale: il femminicidio. E lo fa, tutt'altro che anacronisticamente, con tutte quelle sfumature a cui la cronaca di questi delitti ci ha abituato: la gelosia, la possessività, l'ossessione. 

Come si prospetta la vita matrimoniale nel decretabile caso in cui l'amore degli sposi esiste solo da una delle due parti, mentre l'altra vi risponde con l'indifferenza, apatia e chiusura? È il tema molto scottante che emerge dal testo di questa canzone di Sergio Endrigo. 

Si tratta di un motivetto abbastanza semplice ed attraente perché scevro da eccessi nella musicalità nel quale si racconta la storia immaginaria di un delitto fra coniugi di cui potrebbero parlare anche i nostri giornali di cronaca nera. Una donna porta all'esasperazione il proprio coniuge perché, nonostante giuri di amarlo intensamente e senza riserve, nella realtà dei fatti lo trascura, mostrando indifferenza e riluttanza alle sue attenzioni e conducendo persino una vita indipendente e senza nulla condividere con lui (E poi mi guarda appena, non dice dov'è andata). Il povero sposo, che dal canto suo mostra invece amore sincero e profondo nei confronti di questa donna si sente umiliato e addolorato, nel vedersi trattato così freddamente da lei e la cosa gli procura oltre che dispiacere anche un certo senso di acredine e di contrarietà per cui è indeciso su quale reazione adottare. Se il caso riguardasse un tradimento da parte della sposa con un altro uomo, sarebbe molto più sostenibile, giacché in tal caso la radice del problema sarebbe immediatamente individuata e questo troverebbe anche la sua soluzione; qui si ha a che fare invece con un amore non corrisposto all'interno della vita matrimoniale, nel quale la fedeltà contrasta con la constatazione di un vincolo sponsale di fatto inesistente nella prassi. Per la qual cosa il poveretto si vede combattuto e indeciso sul da farsi: come reagire? 
Tante volte penso di lasciarla / Io vorrei ma non posso andare / È la mia croce la mia miseria / Ma è tutta la mia vita / Per me è tutto il mondo / È tutto quello che ho Da una parte la cattiveria della consorte lo conduce istintivamente ad optare per la fuga, dall'altra l'amore schietto lo motiva nell'accettare la croce e la sofferenza distogliendolo da siffatti propositi di abbandono e l'amore ha la meglio sulla ritorsione. Il dramma di essere sbeffeggiato conduce però inevitabilmente alla disperazione e lo sposo finalmente risolve per un forellino rosso sotto il cuore della donna: anche se con estrema delicatezza, la uccide per porre fine all'atroce assillo. Il brano è molto significativo soprattutto perché sottende ad un aspetto non trascurabile della crisi di convivenza sponsale che va considerato anche dalla nostra pastorale con estrema accuratezza. Noi individuiamo la radice di un simile malessere in quella che è la scelta durante gli anni di fidanzamento e nel fatto che simili risvolti si verifichino molto spesso in conseguenza della mancata ponderazione nei due ipotetici giovani nello scegliersi a vicenda in vista del matrimonio: se durante gli anni di fidanzamento l'amore effettivo è inesistente e si agisce animati dal solo innamoramento per il quale ogni neo viene giustificato e ogni cosa si considera senza molta obbiettività, è inevitabile che i nodi al pettine subentrino durante la vita sponsale. In sintesi, verificare se l'amore di una donna è reale o fittizio e appurare che la situazione non sia come raccontato nel brano Lei ride e parla d'altro / O mangia noccioline lo si deve fare attentamente quando si è fidanzati.  

***   ***

Resta il fatto che, in via Broletto, tra il 30 e il 42 il numero civico 34 non c'è.  

via Broletto - Milano
© foto di Grazia Cordin, 2019


Il protagonista di Via Broletto 34 era un uomo geloso o un paranoico?
Un uomo geloso

Ma c'era bisogno di ucciderla?
Convivevano. E lei lo tradiva spudoratamente.
Mi ispirai ad un delittaccio di cronaca, conciato alla maniera di Brel.


da un'intervista a Sergio Endrigo⁴

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₄ Intervista, realizzata venti giorni prima della sua scomparsa, rilasciata da Sergio Endrigo (qui il testo completo) al Caporedattore del Tg2 Michele Bovi e pubblicata originariamente su VivaVerdi, la rivista della SIAE (numero di Luglio-Agosto; in realtà uscì alla fine di Settembre 2005).  


      

           
Non si tratta quindi di cronaca nera, malavita o colore milanese. È un omicidio borghese. Immaginate un salottino con grandi divani e poltrone a fiori, e nell'aria un leggero odore di pepe e cannella. 

Sergio Endrigo



  

SERGIO ENDRIGO, IL GENTLEMAN  DELLA CANZONE

Quasi tutti i giornali dell'8 settembre 2005⁵ hanno reso onore a Sergio Endrigo scrivendo la verità: è scomparso un raffinato cantante che da due decenni era stato quasi del tutto dimenticato dall'industria del disco e dalla cultura italiana.
Questa franchezza, priva delle lacrime di coccodrillo, rimanda al caso Endrigo. Come è potuto accadere che un cantautore che ha collaborato con Giuseppe Ungaretti, Ignazio Butitta, Raphael Alberti, Pier Paolo Pasolini, Italo Calvino, Vinicius de Moraes e Gianni Rodari, avvicinando - come mai era avvenuto prima - la canzone alla poesia e alla letteratura sia rimasto così a lungo nel dimenticatoio? A spiegarlo non può bastare la considerazione che le canzoni e i loro interpreti rappresentano una fase circoscritta di un paese. Questo può accadere quando chi canta è fabbricato in uno studio di una multinazionale del disco, non di fronte a un colto chansonnier che ha saputo unire una produzione di alto livello (Via BrolettoCome stasera maiCamminando e cantando) con la vittoria di un Festival di Sanremo in coppia con il brasiliano Roberto Carlos (Canzone per te nel mitico 1968) e una produzione di canzoni rivolta ai bambini (La casaPer fare un fiore in collaborazione con Rodari e de Moraes) più altre molto impegnate (La ballata dell'exLettera da CubaDall'America” fino a Anch'io ti ricorderò” dedicata a Che Guevara e Tango rosso” scritta nel momento dell'autoscioglimento del PCI). Quando di tutto questo si parlava con lui, Endrigo si scherniva e non sapeva rispondere: forse era colpa dell'industria del disco che pensava non vendesse più come una volta, forse era colpa dell'etichetta di cantante malinconico che gli avevano affibbiato come una colpa (Alighiero Noschese, da grande imitatore, ne aveva impietosamente esagerato i tic), forse era colpa sua perché gli piaceva vivere appartato. Certo, con il tempo, la discrezione di Endrigo, che celava soprattutto timidezza, era diventata un handicap.
 



Anche negli ultimi anni, colpito da una fastidiosa labirintite e da un ictus che gli aveva lasciato dei problemi nel camminare, Endrigo era rimasto quello di sempre: discreto, elegante nei modi e nel parlare, disponibile all'incontro con gli altri, curioso. Il suo look era restato comunque più quello dell'intellettuale che del cantante. Gli piaceva ricordare che aveva iniziato la carriera nelle balere e nei night dei primissimi anni Cinquanta, a Grado e a Venezia fino a quando - nel 1962 - la Ricordi gli propose di provare da sé a scrivere le canzoni e lui tirò fuori la bellissima Io che amo solo te, che riuscì a vendere 650 mila copie, facendo guadagnare al suo autore il proprio spazio accanto ad altri cantautori emergenti (Bindi, Paoli, Tenco, Gaber, Jannacci, Lauzi). 

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₅ Sergio Endrigo (Pola, 15 giugno 1933 - Roma, 7 settembre 2005)



a cura di Rames Gaiba

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