mercoledì 1 maggio 2024

MONDINE tra storia e arte

La monda

Il lavoro della monda, molto diffuso nell'Italia settentrionale tra la fine del XIX secolo fino alla fine degli anni '60 del XX secolo, consisteva nello stare fino a dodici ore al giorno in risaia in compagnia di serpenti, topi, sanguisughe e insetti con l'acqua che poteva arrivare fino alle ginocchia, a piedi nudi e con la schiena curva per togliere le erbacce infestanti che crescevano nelle risaie e che disturbavano la crescita delle piantine di riso. Le risaie venivano suddivise in “quadre” e le lavoranti si disponevano in file parallele.

Si trattava di un lavoro molto faticoso, praticato da persone di bassa estrazione sociale, provenienti in genere dall'Emilia-Romagna, dal Veneto e dalla Lombardia, che prestavano la propria opera soprattutto nelle risaie delle provincie di Vercelli, Novara e Pavia.

La mondina (dal verbo "mondare", pulire) era una lavoratrice stagionale delle risaie.
Il lavoro si svolgeva durante il periodo di allagamento dei campi, effettuato dalla fine di aprile agli inizi di giugno per proteggere le delicate piantine del riso dallo sbalzo termico tra il giorno e la notte, durante le prime fasi del loro sviluppo. Il lavoro consisteva sia nel trapianto in risaia delle piantine (trapiantè, in piemontese) e nella monda (mundè).

Nelle risaie di Molinella (Bologna) si ebbero le prime proteste di mondine per l'ottenimento di migliori condizioni di vita.

Oggi sofisticati macchinari e diserbanti hanno sostituito quel duro lavoro. Sono rimasti i musei, a ripercorrere la memoria storica e le vite di stenti e fatica di tante donne, le nostre grandi lavoratrici, le mondine.



Le Mondine in Polesine (1885)
Ettore Tito (Castellammare di Stabia, Napoli, 1859 - Venezia, 1941)
olio su tavola, cm 110 x 196


Le mondine di Angelo Morbelli


Angelo Morbelli (1854-1919) è stato uno dei più importanti pittori italiani del tardo Ottocento. Si formò all’Accademia di Brera, dove conobbe Gaetano Previati e Giovanni Segantini. Esordì come paesaggista ma già nel 1883 iniziò ad orientarsi verso una pittura di stampo realista, interessandosi a soggetti che nascevano dall’osservazione diretta del vero. Nel 1890 aderì alla corrente del Divisionismo di cui diventa il massimo esponente; egli infatti non ricorre al chiaroscuro, ma delimita le forme con i colori.

Morbelli privilegiò temi contadini e popolari, in parallelo con lo sviluppo dell'interesse per il tema del lavoro femminile, in particolare di quello svolto nelle risaie, e volle dar voce a un’umanità impotente e sofferente.

È assai probabile che Morbelli avesse realmente fotografato le mondine al lavoro, per avere alcune immagini di riferimento durante la realizzazione dell’opere, in studio. La tecnica utilizzata è quella tipica del divisionismo, che, come per il pointillisme, consisteva nella scomposizione e nell’accostamento dei colori primari per mezzo di piccoli tocchi, stesi sotto forma di filamenti, che la percezione dell’occhio ricompone in una sintesi.


 Per 80 centesimi! (1894-95)
Angelo Morbelli (Alessandria, 1854 - Milano, 1919)
olio su tela, cm 69.3 x 123.3
Vercelli - Civico Museo Francesco Borgogna 


Siamo nella pianura tra Casale Monferrato e Vercelli dove viene coltivata e prodotta la gran parte del riso italiano: Morbelli, in questo dipinto come negli altri dedicati allo stesso tema (“In risaia”, “Le risaiole” ecc.) vuole denunciare la durissima fatica delle mondine. Sono gli anni dei primi scioperi in risaia per il raggiungimento delle 8 ore lavorative e di salari più equi, ottenuti proprio a Vercelli nel 1906.

Il titolo si riferisce alla paga giornaliera, veramente misera attribuita alle lavoratrici nel 1885 quando, a causa della crisi di mercato del riso, la retribuzione era calata a 80 centesimi.

Le mondine, disposte su due file che procedono arretrando, vengono ritratte di schiena intente nel trapianto del riso, con le gambe immerse nell'acqua. Il taglio fotografico della scena esclude la raffigurazione del cielo, che appare solo riflesso sull'acqua resa attraverso vibranti pennellate, ad evocare il punto di vista delle donne al lavoro.

Morbelli iniziò a lavorare alla tela nel periodo estivo del 1894, ma l’esecuzione si rilevò più ardua del previsto e  così nell'ottobre 1894 scriveva a Pelizza: “Il quadro la risaia mi lasciò dei problemi da risolvere assai più difficili di quanto m'aspettavo, inoltre la niuna possibilità di farli sul vero, i cambiamenti di flora per cui prima di finir il quadro c'è tempo di veder seminare il riso, crescere mondarlo e... raccoglierlo col dipinto a metà.”. Morbelli lavorò alla tela anche successivamente al novembre-dicembre 1894.

L'opera fu apprezzata dalla critica democratica milanese, perché nel soggetto, quasi brutalmente contrapposto allo spettatore, con la sua lunga fila di schiene curve (chine sull'acqua, non ne vediamo i volti), percepiamo solo il gesto e la fatica era facilmente ravvisabile l'esplicito richiamo alla questione sociale e alle rivendicazioni dei lavoratori delle campagne della pianura padana, dove la manodopera femminile e stagionale era impegnata duramente per uno scarso compenso. L’opera era e rimarrà uno dei più significativi esempi di applicazione della tecnica divisionista.

 Le risaiole (1897)
Angelo Morbelli (Alessandria, 1854 - Milano, 1919)
olio su tela, cm 40 x 60


In risaia, Morbelli propone una inquadratura più ravvicinata e un taglio obliquo. Anche in questo caso le donne, a parte quella che si è alzata per sistemarsi il fazzoletto, con un gesto meravigliosamente naturale, sono tutte faticosamente chinate.


In risaia (1901)
Angelo Morbelli (Alessandria, 1854 - Milano, 1919)
olio su tela, cm 183 x 130
Boston, Stati Uniti - Museum of Fine Arts


Nella tela risulta particolarmente interessante l'inquadratura che risente di un taglio fotografico: invece che di una veduta complessiva, si tratta di una messa a fuoco dei personaggi, con evidenza dei primi piani e con la figura eretta a formare un'elegante quinta. Una certa ricerca di eleganza si nota anche nella resa dei panneggi e dell'abbigliamento delle mondine mentre il divisionismo efficace rende una vasta gamma di riflessi e sfumature di colori. Estremamente sistematica la pennellata anche nella parte dell'acqua, in cui la ritmica successione dei germogli, sembra ribadire la meccanicità richiesta dal lavoro.


Risaiole [Contadini al lavoro], 1908
Umberto Boccioni (Reggio Calabria, 1882 - Verona, 1916)
olio su tela, cm 25 x 35
Lugano, Svizzera - Collezione Città di Lugano


Mondine nella risaia (1930)
Oreste Bogliardi (Portalbera, Pavia, 1900 - Rapallo, 1968)
olio su tavola, cm 77.5 x 127.2


 
 Mondine (1951)
Ampelio Tettamanti (Laveno, Varese, 1914 - Ancona, 1961)
olio su tela, cm 59 x 79


 Mondine (1952)
Giuseppe Migneco (Messina, 1908 - Milano, 1997)
olio su tela, cm 90 x 70


Le mondine (1952)
Betto Lotti (Taggia, Imperia, 1894 - Como, 1977)
olio su tela, cm 54 x 69


Le mondine di Aldo Borgonzoni

Aldo nasce a Medicina, centro rurale della Bassa emiliana, in una piccola casa settecentesca di fronte all'antica osteria del Sole. È l'osteria degli scarriolanti, dei braccianti, delle mondine (la madre è mondina e straccivendola), i personaggi della sua prima infanzia che resteranno i modelli e poi i sigilli della sua pittura.

Mondine a Buda (1940)
Aldo Borgonzoni (Medicina, Bologna, 1913 - Bologna, 2004)
olio su tela, cm 32 x 22


Le «mondine quadre» che irritarono Palmiro Togliatti
 

 Le mondine (1948)
Aldo Borgonzoni (Medicina, Bologna, 1913 - Bologna, 2004)
olio su tela, cm 52.8 x 67
Suzzara, Mantova - Galleria Civica d'Arte Contemporanea


Mondine in risaia (1948-1949)
Aldo Borgonzoni (Medicina, Bologna, 1913 - Bologna, 2004)
olio su tela, cm 64.5 x 99
Suzzara, Mantova - Galleria Civica d'Arte Contemporanea


La mostra del «Premio Suzzara» (Agosto 1948), per la nascente collezione comunale della cittadina mantovana, fu rilevante sul piano storico causa una dura reazione da parte del leader comunista Palmiro Togliatti, che in un articolo su «Rinascita», sotto lo pseudonimo di Roderigo di Castiglia, stronca l'iniziativa, bollandola come una «esposizione di orrori e scemenze, ribadendo che [ ... ] i lavoratori intelligenti, onesti cultori delle arti, restavano balorditi di fronte a mondine quadre con fianchi di legno e viso spaccato come il melone fradicio». L'attacco diretto pone il pittore in prima linea nel dibattito a carattere nazionale che divampa a seguito di tale intervento. 


Mondina (1949)
Aldo Borgonzoni (Medicina, Bologna, 1913 - Bologna, 2004)
olio su tela, cm 68 x 48


 Mondine (1951)
Aldo Borgonzoni (Medicina, Bologna, 1913 - Bologna, 2004)
olio su tela, cm 100 x 80
 

 Mondine a Buda di Medicina (1957)
Aldo Borgonzoni (Medicina, Bologna, 1913 - Bologna, 2004)
olio su faesite, cm 43 x 110

Mondina (1960)
Aldo Borgonzoni (Medicina, Bologna, 1913 - Bologna, 2004)
olio su tela
 
 Mondina (1968)
Aldo Borgonzoni (Medicina, Bologna, 1913 - Bologna, 2004)
olio su tela, cm 50 x 40
 
 

SCIUR PADRUN DA LI BÉLI BRAGHI BIANCHI


Questa canzone di risaia faceva parte del repertorio di Giovanna Daffini (Villa Saviola, Mantova, 22 aprile 1913 – Gualtieri, Reggio Emilia, 7 luglio 1969), uno straordinario personaggio di notevole intelligenza e umanità, mondina in gioventù, cantastorie poi fino alla morte (1969): andava di paese in paese, alle feste, ai matrimoni, nelle osterie, a cantare le 'sue' canzoni, accompagnandosi alla chitarra, con al fianco il marito, Vittorio Carpi, violinista.
Questa canzone, appresa dalla Daffini nel Novarese e nel Vercellese, era cantata dalle mondine già dopo una ventina di giorni di lavoro (il contratto prevedeva trenta-quaranta giorni). La campagna del riso sta per finire, e le ragazze chiedono al «padrun da li béli braghi bianchi» di sborsare i soldi della paga e già pregustano il momento in cui prenderanno il treno per tornarsene alle loro case, lontane a volte centinaia di chilometri, “perché eravamo stanchi di monda, che si vedeva le case anche non so distante quanti chilometri”.

Canto diventato famoso per la versione di Giovanna Daffini e utilizzato in seguito, con un certo ambiguo successo, nelle versioni folk-pop da Gigliola Cinquetti e Anna Identici.


Sciur padrun da li béli braghi bianchi


Sciur padrun da li béli braghi bianchi,
fora li palanchi, fora li palanchi,
sciur padrun da li béli braghi bianchi,
fora li palanchi ch'anduma a cà.
A scuza, sciur padrun,
s'a l'èm fat tribulèr,
l'era li prèmi vòlti,
l'era li prèmi volti,
a scuza, sciur padrun,
s'a l'èm fat tribulèr,
l'era li prèmi volti,
ch'a'n saiévum cuma fèr.
Sciur padrun da li béli braghi bianchi...
Al nòstar sciur padrun
l'è bon cum'è 'l bon pan,
da stèr insima a l'èrzan
a'l diz: « Fè andèr cal man »
Sciur padrun da li béli braghi bianchi...
E non va più a mesi
e nemmeno a settimane,
la va a poche ore,
e poi dopo andiamo a cà.
Sciur padrun da li béli braghi bianchi...
E quando al treno a s-cefla
i mundéin a la stassion
con la cassietta in spala;
su e giù per i vagon!


 “Mamma, papà, non piangete se sono consumata, è stata la risaia che mi ha rovinata”.


Signor padrone dalle belle brache bianche
(Traduzione in Italiano)

Signor padrone dalle belle brache bianche,
fuori i soldi, fuori i soldi,
signor padrone dalle belle brache bianche,
fuori i soldi chi andiamo a casa.
Scusi, signor padrone,
se l'abbiamo fatto penare,
erano le prime volte,
erano le prime volte,
scusi, signor padrone,
se l'abbiamo fatto penare,
erano le prime volte,
e non sapevamo come fare.
Signor padrone dalle belle brache bianche ....
Il nostro signor padrone
è buono come lo è il buon pane,
stando in cima all'argine
dice: «Fate andare quelle mani ».
Signor padrone dalle belle brache bianche...
E non va più a mesi
e nemmeno a settimane,
la va a poche ore
e poi dopo andiamo a casa.
Signor padrone dalle belle brache bianche...
E quando il treno fischia
le mondine alla stazione
con la cassetta in spalla
su e giù per i vagoni.





Riso amaro
film diretto da Giuseppe De Santis


 Le Mondine che cantano dal film "Riso Amaro" di Giuseppe De Santis del 1949
(la terza da destra è Silvana Mangano)


Renato Guttuso, Riso amaro, bozzetto


Renato Guttuso, che realizzò una serie di illustrazioni per il noto film di Giuseppe de Santis “Riso amaro”. Il film ebbe la nomination all'Oscar per il miglior soggetto, dopo l'esordio trionfale al Festival di Cannes ed appassionò il pubblico di tutto il mondo oltre a prestigiosi intellettuali ed artisti.

«Il film mi è nato dentro una notte, alla stazione di Milano. Tornavo da Parigi [...] aspettavo una coincidenza quando, all'improvviso, sento delle voci di donna che cantano. Vado a vedere e trovo [...] migliaia di donne che mangiavano, ballavano, ridevano, cantavano: erano le mondine in transito verso Vercelli [...] mi sono messo a parlare con queste ragazze, ho perso il treno, e ho passato la notte con loro. Così comincia Riso amaro.» (Giuseppe De Santis)

Paolo Speranza - Riso amaro di Giuseppe De Santis; Gremesse Editore, 2022, 2022

Il film ha per sfondo la monda del riso nel Vercellese.



 
Renata Viganò, Mondine


Nel 1952, in occasione del cinquantenario della Federterra, Renata Viganò dedica un breve saggio (di pagine 76) alle Mondine.





Nel 1952, in occasione del cinquantenario della Federterra, Renata Viganò¹ dedica un breve saggio (di pagine 76) alle Mondine².

Nella Presentazione, Libero Bigiaretti scrive:

Stringiamo la mano alle cento e cento mondariso che la Viganò ci presenta e diciamo: 

«Scusateci, non vi conoscevamo bene prima».³


Saluto

Incominciamo dalla fine. E cioè con questa lettera di saluto, scritta l'anno scorso alla chiusura della campagna di monda.

Ci salutiamo per quest'anno, mondine di tutte le regioni del riso, «locali e forestiere». Il sono stata con voi per questa monda che faccio io, erba monda da strappare e idee buone da trapiantare. Saremo sempre insieme per questo, voi che ho visto in faccia, e voi che non mi conoscete  neppure di nome.

Uno dei capitoli del libro si intitola:



Il canto di Molinella

Ma per Marmorta, frazione di Molinella, io ho sbagliato. Non basta raccontare come sono vestite le mondine, o guardare gli insetti e i rettili, e il colore caldo e azzurro della risaia. Questi sono gli aspetti comuni di tutte le risaie, mentre qui ci sono ben altre cose da dire, specifiche del posto; perchè Molinella significa scissione sindacale, divisione dei lavoratori, odio tra fratelli, tra poveri della stessa povertà, sfruttati ed offesi dalla medesima ingiustizia.

[ ...]

Però, è vero: le mondine cantano. La risaia canta.
Sono cori lunghi, perfetti, voci «prime» e «seconde», intonate e orchestrate come se fossero state istruite da un bravo maestro. Musiche dondolanti nel ritmo della monda: un passo avanti, una manciata d'erba, e la nota che accompagna. E' strano come in tutto il mondo s'assomigli il cantare di quelli che fanno lavori pesanti sotto il sole. Questi cori delle mondine italiane hanno il medesimo accento delle nenie dei negri nelle piantagioni di cotone. Fratelli nella sterminata e sfruttata fatica, cantano con un unica voce. 
Ma, ad un tratto, il canto bello e penoso si rompe, s'arresta. Un gruppo di mondine ci ha visto procedere verso di loro, in fila indiana sul sentiero stretto. Senza smettere di lavorare, come ad un segnale, le donne irrompono con la voce dentro una musica ben diversa; viva, questa, di lotta, e gonfia di futuro: «Su, fratelli, su, compagni; su venite in fitta schiera». E' l'«Inno dei lavoratori». Davvero, le mondine di Molinella non potevano farmi una festa più grande!

Renata Viganò (Bologna, 17 giugno 1900 – Bologna, 23 aprile 1976) è stata una scrittrice, poetessa e partigiana italiana.
Renata Viganò - Mondine; Arti Grafiche Modenesi, 1952. Supplemento al n. 4 della  «Guida del Lavoratore Agricolo»
Renata Viganò - Mondine; op. cit., p. 7
Renata Viganò - Mondine; op. cit., p. 9
Renata Viganò - Mondine; op. cit., p. 14
Renata Viganò - Mondine; op. cit., pp. 37-40


Conservatorio delle Mondine a Livorno Ferraris - Vercelli

In questo luogo unico nel suo genere, storia, natura e cultura del riso si fondono.

Nel 1920 viene costruito il dormitorio delle mondine, oggi chiamato “conservatorio della risicoltura”. Luogo di memoria e testimonianza della cultura risicola del territorio. Si compone di due parti principali: il dormitorio delle mondine e alcune stanze della cascina che sono state allestite per ricreare gli ambienti di vita di una riseria di metà Novecento.


a cura di Rames Gaiba
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