lunedì 29 luglio 2019

DE PISIS mare dipinto mare scritto


Il rapporto di de Pisis con Cesenatico, e più in generale con la Romagna e la riviera adriatica (soprattutto a Rimini meta di soggiorni estivi, in particolare negli anni 1939, 1940 e 1941) ebbero qualche riflesso sulla sua attività di pittore “en plein air”.

Della pittura di de Pisis si sa solo che non è. Non è metafisica, salvo qualche tentativo degli anni di Ferrara e dell'amicizia con De Chirico; non è dada, pure forzatamente sperimentata; non è futurista, movimento che de Pisis non amò mai né artisticamente né politicamente; non è post-impressionista - come pure è spesso definita - perché nei dipinti depisisiani, anche se lieti, appare sempre il segno della caducità e della tragedia umana,
 
«una simultaneità di bellezza e cenere» (Giovanni Testori) che porterà de Pisis a ignorare la più notevole intuizione dell'impressionismo, le ombre colorate: quelle dei suoi quadri sono sempre nere.     

La Romagna entra nell'esperienza di de Pisis, non soltanto come luogo di villeggiatura estiva, ma anche come componente letteraria della sua determinante iniziazione pascoliana. (vedi Biografia, alla fine di questo post). 

I primi rapporti di de Pisis con Cesenatico risalgono probabilmente all'estate del 1916, al quale appartiene anche uno dei suoi primi quadri importanti (la più antica delle sue famose nature morte marine).
 
Natura morta con marina, opera prima del 1916 di un F. de Pisis ventenne. È già un'opera totale, sognante, misteriosa ma anche carnale; in embrione si trovano tanti motivi/ossessioni che mai l'abbondoneranno, ma quello che più colpisce è la fulmineità della sua visione, unica, personale, da subito spavaldamente eccentrica.


Marina con conchiglie (1916)
olio su cartone, cm 50 x 66


Nell'agosto del 1916 F. de Pisis è a Riccione, avendo “davanti un mare azzurro e variabilissimo e dietro colli sereni e pieni d'incanto”. 

Nasce a Cesenatico l'amicizia fra de Pisis e il poeta Marino Moretti (Cesenatico, 1885-1979), un'amicizia che durerà tutta la vita, che si rafforzò durante il successivo e comune soggiorno romano ed avrebbe poi trovato un altro luogo di elezione oltre a Cesenatico, e cioè Parigi. 

La natura morta I pesci sacri fu realizzata nel 1924, un anno prima di partire per Parigi. Appassionato di lettura e cultura in generale, ma anche di botanica, De Pisis utilizzò stesso gli stessi oggetti (un bicchiere, un quadrifoglio, un vaso cinese), a lui cari, nelle nature morte. De Pisis, scrive di sentirsi attratto dal loro occhio sbarrato che «rincrudisce di dentro il senso di vuoto, di eterno, di essere, di nulla, di infinito»: e così ci fornisce una chiave di lettura che dilata la sua pittura, in una direzione che, come aveva suggerito Giuseppe Raimondi, è una direzione rimbaudiana.


I pesci sacri (1924)
olio su tela, cm 55 x 62.5
Milano - Pinacoteca di Brera


In Natura morta con scampi del 1926 de Pisis, arrivato a Parigi, iniziò la sua ricerca sul colore. Sopra a due pannelli, appoggiati sulla sabbia di una spiaggia, vi sono tre scampi e tre valve di conchiglia. Sullo sfondo, lontano si vedono le onde che si infrangono sulla battigia.  


Natura morta marina con scampi (1926)
olio su carta, cm 52 x 68
Milano - Pinacoteca di Brera


Nella riviera romagnola soggiorna a varie riprese, negli anni Venti e Trenta, fino ai primi anni di guerra: oltre a Cesenatico, a Cervia, a Bellaria, a Rimini. Da Cervia scrive a Demetrio Bonuglia [1], nel novembre 1925: “Sono qui a dipingere il mare; così dolce in questo luminosissimo mattino invernale!”

Nell'estate 1933 è ospite di Marino a Cesenatico, da dove scrive a Comisso: “Non ti so dire quanto mi piaccia Cesenatico e la Romagna”. L'eco di quello splendido soggiorno arriva fino al complice Aldo Palazzeschi, pittore e poeta (Firenze, 1885 - Roma, 1974), al quale Marino scrive: “Ti dico intanto che il suo entusiasmo per l'Adriatico (non solo il mare) è stato tanto che, invece di salire verso Cortina dove aveva fissato una stanza, è sceso a Rimini dove ha fissato un'altra stanza nell'alberguccio alla pescheria: te lo ricordi? Pippo era molto svagato e lavorava poco; ma qualche cosa è riuscito a fare. Due cesenaticini  per me: uno grande e uno piccolo”. La Romagna, confida da Rimini de Pisis all'amico Comisso, “è così bella e la sua razza è superba”. 

A Rimini fa ancora ritorno nell'estate 1941, attratto dal richiamo irresistibile della “Cannes d'Italie”, nella quale le pulsioni del presente si mescolano ai ricordi dell'infanzia. 
E' il poeta, prima ancora che il pittore, a tentare di ricomporre sulla pagina, con accenti ancora una volta pascoliani, i frammenti  della quotidiana felicità di vivere in una Sera romagnola“Nella umida sera, che pace / dopo la guerra del garbino! / In una strada con le sue case basse / una donnetta nera / cammina lungo il muro barcollando  / e canticchia a mezza voce / “Sarò come mi vuoi mio amore”. / Saffo popolare e analfabeta. / Dei gruppi grigionieri all'angolo / (un bel maschio allaccia / col braccio forte l'amichetta). / Talvolta  immacolata davanti a un'osteria. / Vino e cucina casalinga. / Un soldatino vagola fra i sempre verdi / del giardino pubblico / con la fontana rotonda e il zampillo muto. / Nessun lume di luna stasera! / Nubi piumose nel grigio di perla”. Una romagnola Luna di agosto“gentile e antica”, può anche richiamare il poeta alla propria momentanea solitudine: “Dopo il sordo martòro / l'anima leggera come una / di queste care volandre infantili / nel ciel di ponente, / bacia le cose e s'innebria / al profumo della cedrina, / del mentastro, della silene / nella calda notte romagnola. / [..] / Erra per questa strada bianca / di polvere fina, / sotto la tonda luna imminente / nel cielo scolorato e puro, / solo dimenticato e dimentico”; non già offuscare l'avventura irripetibile di un artista per il quale, come aveva scritto una volta Marino Moretti, “scrivere, vivere e dipingere è una cosa sola”. [2]


[1] Demetrio Bonuglia, membro di una famiglia benestante, divenne una figura di riferimento del pittore: non furono solo amici ma corrispondenti fedeli di una vita, ai quali affidare per via epistolare riflessioni d'arte e del quotidiano. 
[2] Sintesi dell'intervento di Renzo Cremante «Moretti e de Pisis: momenti di un sodalizio» svoltosi a Cesenatico l' 11 aprile 1992


Natura morta marina con conchiglie (1927)
olio su tela, cm 57 x 48.2


Ragazzo sulla spiaggia (1927)
olio su tela, cm 62 x 47


Il quadro risale al secondo anno parigino di Filippo de Pisis, forse dipinto direttamente in studio. Mancano, infatti, notizie di soggiorni adriatici durante l'estate di quell'anno che, invece, fu trascorso  con la madre sulle montagne del Cadore dove molto dipinse scorci alpestri e ritratti di montanari. 

Del 1927 sono alcune splendide “nature morte marine”.


Pesci nel paesaggio di Pomposa (1928)
olio su cartone, cm 50 x 75


La tinca (1928), [3] 
olio su tela, cm 24 x 35
Milano - Villa Necchi Campiglio


[3] Datato a metà del soggiorno parigino di de Pisis (1925-39). Questo quadro porta come sottotitolo Omaggio a Courbet, e porta a confrontare l'opera di de Pisis con La trota di Gustave Courbet, dipinto (olio su tela, cm 65.5 x 98.5) nel 1872-73 che è al Musée d'Orsay di Parigi (qui sotto a sinistra) e in altra versione (olio su tela, cm 53 x 87) del 1873 che è al Kunsthaus di Zurigo (qui sotto a destra). Simbolo di morte e solitudine ma insieme inno alla bellezza della natura.


  



Pesci marci (1928)
olio su cartone, cm 53.5 x 63.5
Ferrara - GAMC | Gallerie d'Arte Moderna e Contemporanea "Filippo de Pisis"


Natura morta marina (1929)
olio su cartone telato, cm 50 x 71
Rovereto - MART | Museo d'Arte moderna e contemporanea 
di Trento e Rovereto


Natura morta marina (1930)
olio su cartone telato, cm 35.5 x 52.5
Longiano - Fondazione Tito Balestra


Il grappolo d'uva comincia fin dal 1928 ad essere elemento ricorrente nelle nature morte marine di de Pisis. In questa, al centro di una spiaggia verdeggiante, s'accompagna ad una grande conchiglia. Anche le farfalle, qui due e chiazzate di giallo, tornano spesso sulle spiagge e sui cieli adriatici degli anni Trenta.


Natura morta marina con le cozze e il bicchiere (1931-32)
olio su tela, cm 60 x 90


“La Senna aveva un approdo di Quai Voltaire delle piccole onde increspate come il mare a Cesenatico quando il mare ride calmo e sereno”: da Parigi scrive de Pisis a Marino Moretti il 5 giugno del '31. Più che increspata è la superfice di questo mare che fa da sfondo all'insolita composizione di cozze e bicchiere, con le onde spumeggianti che s'infrangono sulla spiaggia dei giovanili ricordi: quand'era bello “fare il bagno” saltando sulle creste biancastre. Ma qui, in questa ricostruzione parigina d'un mare d'adriatica memoria, c'è, nell'aria, come l'annuncio di una tempesta imminente. Un calore vaporoso, misto a sabbia, turbina sulle corde del sentimento, minacciosamente. È in un'opera come questa che davvero de Pisis svolta oltre la poetica degli impressionisti, e l'atmosfera diventa campo aperto per una deflagrante sensualità, disperata e incantata. 


Natura morta marina (1932)
olio su cartone telato, cm 19 x 33


Natura morta in riva al mare (1932)
olio su tela, cm 100 x 170


Nella stagione delle nature morte marine “indimenticabili” (come le definì il critico d'arte Francesco Arcangeli) Filippo de Pisis dipinge anche questo piccolo, intensissimo, cartone dove il mare appare in lontananza. Risolta per tocchi di colore, quasi monocromaticamente per gradi d'ocra, tutta a piccole macchie e virgole, la tavolozza sintetizza quella “violenza incantata” sulla quale insiste Arcangeli a proposito di tanti soggetti marini depisisiani d'inizio anni Trenta. 


Spiaggia (1934)
olio su tavola, cm 14 x 22


È una visione di mare del Nord. La tela dipinta solo con un'esilissima traccia di colore, tanto è immateriale la visione d'insieme, tanto è pretestuoso il soggetto da rappresentare che costituisce solo il punto di partenza, oltre il quale l'artista procede con la fantasia, arrivando ad una sorta d'astrazione raggiunta attraverso l'eliminazione di ogni elemento che possa soverchiare le semplici linee che rimandano al mare ed al cielo. 


Chiosco balneare (1940)
olio su cartone telato, cm 65 x 50
Cortina d'Ampezzo - Galleria d'arte moderna “Mario Rimoldi”


A Rimini Filippo de Pisis giunge verso la metà di luglio del '40 direttamente da Milano dove s'era da poco trasferito dopo il lungo soggiorno parigino. All'inizio alloggia in un albergo di piazza Cavour, poi passa alla locanda Montefeltro, presso la Pescheria dove ancor oggi si racconta che abbia dormito Cagliostro prima della prigionia nel castello di San Leo. 
Sulla costa romagnola, a Rimini e a Cesenatico, ospite di Marino Moretti, era stato spesso, l'ultima volta, nell'estate del '33. Anche allora molto aveva dipinto e molto scritto: lettere agli amici, soprattutto. “Questa vita semibalneare mi rende più pigro del solito”, scrive stavolta a Raimondi. E però, sull' “agenda”, qualche giorno prima, il 23 luglio, aveva appuntato: “sono in una bellissima forma pittorica e lirica”. Spesso dipinge dal vero, per le strade di Rimini e sul porto canale. E non passa inosservato. Di lui parlano perfino le cronache locali. “I bravi riminesi - scrive sempre a Raimondi - a stento credono che io sia un pittore di qualche merito quando mi vedono andar in giro con le brache macchiate”. Comunque sia, durante l'estate del '40, Filippo de Pisis dipinge un buon numero di opere. Molte di queste fanno direttamente riferimento all'ambiente locale: scorci urbani riminesi, aspetti di vita balneare, ritratti di giovani del luogo.


Pescatore di Rimini [Uomo con pipa], (1942)
olio su tavola, cm 35.7 x 32.3
Cortina d'Ampezzo - Galleria d'arte moderna “Mario Rimoldi”


L'ultima lunga vacanza adriatica Filippo de Pisis la trascorse nell'estate del '41. I mesi estivi dell'anno successivo li passò, invece, prevalentemente a Cortina. Il “pescatore” raffigurato in questa tela, però, suggerisce richiami con l'ambiente marino romagnolo. Segno, anche questo, che un pur rapido passaggio dell'artista sulla riviera romagnola ci fu, forse dopo una visita alla XXIII Biennale veneziana nell'ambito della quale espose una ventina di opere. 


Aglio in riva al mare (1944)
Tecnica mista su carta applicata su cartone, cm 49 x 65


La falena (1945)
olio su cartone, cm 24.5 x 35



Biografia

Filippo de Pisis (Ferrara, 1896 - Milano, 1956); nato Luigi Filippo Tibertelli, nobile e clericale di famiglia, per non macchiarne il buon nome cominciò a scrivere sui giornali con lo pseudonimo di Filippo de Pisis, appartenuto ad un suo avo (Filippo da Pisa, condottiero del XV secolo). 
 
Nel 1916 si iscrive alla Facoltà di lettere dell'Università di Bologna, dove si laurea nel 1920 con una tesi su Giovanni Pascoli. 

Nel 1919 è a Roma e pubblica La città delle 100 meraviglie, dedicata a Ferrara. F. de Pisis può confrontarsi con i grandi classici e, soprattutto, scopre la bellezza della natura morta barocca.    

Dandy a Ferrara, per sfidare chi ne scherniva i modi educati e soavi; giornalista e conferenziere a Roma (dove è arrivato nel 1919), dove frequentava tanto i circoli intellettuali quanto i vicoli di Trastevere; arriva, nel 1923, ad Assisi quasi per caso per necessità, costretto ad allontanarsi da Roma per una supplenza di due mesi in un liceo locale per insegnare materie letterarie, ma in questo breve soggiorno de Pisis iniziò a praticare seriamente la pittura ed iniziò a capire di poter vivere della sua pittura. Il sogno di Parigi si fa più vicino... a Parigi bohémien, con uno studio che gli mette a disposizione un amico, che chiamerà la gabbia d'oro, teneva incontri (quasi) segreti. Nel 1939 allo scoppio della guerra ritorna in Italia e si stabilisce a Milano. Anche qui si trova (in via Rugabella, una traversa di Corso di Porta Romana abitata da artisti e intellettuali) in un contesto estremamente fecondo. Nel 1943 però il suo studio viene bombardato e decide di trasferirsi a Venezia.; città amata che gli dedicherà una sala alla XXV Biennale (la prima del dopoguerra, dove espone trenta opere dal 1926 al 1948).

Dal 1948 F. de Pisis comincia a soffrire di disturbi nervosi. Nel 1951 si ricovera a Villa Fiorita a Brugherio, un manicomio. Come era successo con V. van Gogh il primario dell'ospedale gli consente di continuare a dipingere in un ambiente della serra dell'ospedale (per questa ed altre note della biografia mi sono avvalso dell'articolo di Gabriele Miccichè, pubblicato su Culweek, 22 ottobre 2019)     

Sono innumerevoli le maschere, più o meno fittizie, che F. de Pisis indossò nel corso della sua vita per proteggere un carattere sensibile, timido e colto, e per poter evadere dalle origini ferraresi con cui ebbe sempre un rapporto ambivalente. La sua giovinezza, il suo peregrinare in Europa, la scoperta del suo talento di pittore, il suo successo, la morte. 

  • Nico Naldini - De Pisis. Vita solitaria di un pittore - ed. Einaudi, 1991
  • Giuliano Briganti (a cura di) - De Pisis. Gli anni 1925-1939 di Parigi - ed. Mazzotta, 1987
  • Sileno Salvagnini - De Pisis - ed. Giunti, 2006 
     

a cura di Rames Gaiba



---
Il saggio sull'estetica del vestire che de Pisis aveva sempre desiderato scrivere non venne mai alla luce in vita l'artista. Ma il suo interesse per il tema rimase sempre vivo, e pagine scritte in proposito, frammentarie e di varie epoche, continuarono ad accumularsi seguendolo nei suoi vari soggiorni a Parigi, a Londra, a Venezia. 

De Pisis, filologo della moda  (da: TRAMA E ORDITO - il blog della moda)

Nessun commento:

Posta un commento

Per ogni richiesta rettifica o integrazione o segnalazione link non più attivi esterni (anche video) inviare a Rames Gaiba una
Email: rames.gaiba@gmail.com
-----
■ I commenti non potranno essere utilizzati a fini pubblicitari di vendita prodotti o servizi o a scopo di lucro.
■ Non è accettata la condivisione del post a fini pubblicitari o politici.
■ Non saranno accettati i commenti:
(a) che contengano dati personali non conformi al rispetto delle norme sulla Privacy.
(b) che contengano indirizzi internet (siti collegati, e-mail).
■ Vi invito a non usare nei vostri commenti i caratteri tutti in maiuscolo.
■ Non manterrò in memoria interventi e messaggi che, a mio insindacabile giudizio, riterrò superati, inutili o frivoli o di carattere personale (anche se di saluto o di apprezzamento di quel mio post), e dunque non di interesse generale.

Le chiedo di utilizzare la Sua identità reale o sulla Sua organizzazione, e di condividere soltanto informazioni veritiere e autentiche. Non saranno pubblicati e non avranno risposta commenti da autori anonimi o con nomi di fantasia.

⚠ La responsabilità per quanto scritto nell'area Discussioni rimane dei singoli.

È attiva la moderazione di tutti i commenti.

Grazie per l'attenzione.

Rames GAIBA