giovedì 5 dicembre 2024

IL MITO DI ULISSE come raccontato nell'arte

 

Le Sirene e Odisseo (V secolo a.C.)
Stámnos attico a figure rosse [1] rinvenuto a Vulci
Londra, Inghilterra - British Museum

La prima apparizione delle Sirene in letteratura risale all’Odissea di Omero, che narra dell’incontro di Odisseo con le mitiche creature dal canto ammaliatore, legato all’albero della sua nave per non caderne preda. Per gli antichi Greci il canto delle Sirene, raffigurate al tempo come esseri ornitomorfi, simboleggiava sapienza e conoscenza.

[1] Uno stamnos è un contenitore per liquidi, in argilla, creato in Grecia e prodotto dalla fine del VI secolo a.C. alla fine del V.

Ulisse resiste ai canti delle Sirene (50-75 d.C.)
dipinto murale
Pompei, Napoli
 
 
Ulisse e le Sirene (II sec. d.C.)
mosaico
Tunisi, Tunisia - Museo del Bardo

 
Mosaico di epoca romana, rinvenuto nella casa omonima a Dougga, in cui l'eroe viene ritratto legato all'albero maestro della nave per resistere al canto delle sirene.


 Nettuno e la nave di Ulisse [scena 4], 1550-51
Pellegrino Tibaldi (Valsolda, Como, 1527 - Milano, 1596)
affresco
Bologna - Palazzo Poggi


Nel suo palazzo di Bologna, il cardinale Giovanni Poggi (1493-1556) aveva le sale del piano nobile dipinte da Niccolò dell'Abate, Prospero Fontana e altri. Dipingevano fregi con paesaggi e grottesche, così come numerosi episodi dell'Antico Testamento. Al piano terra, il ventitreenne Pellegrino Tibaldi creò gli affreschi di Ulisse, un'opera importante che non avrebbe mai più eguagliato.

Gli affreschi di Ulisse adornano le volte di due stanze. Dal corridoio d'ingresso del palazzo si cammina prima in una grande sala (Sala di Ulisse), dove inizia il ciclo. Si trova la continuazione e la conclusione in una stanza più piccola direttamente adiacente alla sala (Stanza di Ulisse). L'articolazione del soffitto e la disposizione dei dipinti in entrambe le stanze sono orientate lungo le linee di un famoso modello romano, il Logge di Raffaello nel Palazzo Vaticano. Le scene sono inserite come 'quadri riportati' (dipinti incorniciati che sono visti in una prospettiva normale e dipinti in un affresco). Tra i campi delle storie dipinte, vedute illusionistiche si aprono su colonnati che sembrano arrivare fino al cielo. Le cornici sono eseguite in stucco.

Con i loro vari sistemi decorativi, ognuna delle due stanze raggiunge un carattere completamente individuale, corrispondente alle sue rispettive dimensioni e posizione. I soffitti della Sala di Ulisse e della Stanza di Ulisse contengono rispettivamente cinque e quattro scene delle Avventure di Ulisse.


 Ulisse e Penelope (1560 circa)
Francesco Primaticcio, detto "Il Bologna" (Bologna, 1504 - Parigi, 1570)
olio su tela, 123 x 113.6 cm
Toledo, Ohio, Stati Uniti - Museum of Art

La Scena qui raffigurata è desunta dal XIII canto dell'Odissea di Omero.

Ulisse e Penelope vengono ritratti nudi, coperti solo parzialmente da un drappo. Dopo un appassionato incontro d'amore. I corpi si sfiorano appena, la mano dell'uomo accarezza teneramente il volto della donna..., il loro intenso rapporto traspare dall'affettuoso sguardo che si scambiano. Sullo sfondo a destra le ancelle, celate dalla penombra, vigilano sulla porta affinché nessuno possa disturbare la loro intimità.

 Ulisse naufrago sulla zattera riceve da Ino/Leucotea il suo velo sacro (1803)
Johann Heinrich Füssli (1741-1825), pittore svizzero.
olio su tela, cm 175 x 139


Nel dipinto è rappresentato un particolare momento narrato da Omero (vv. 333 e segg.) nell’Odissea: la dea protettrice dei marinai, Ino/Leucotea soccorre Ulisse mentre, in preda alla tempesta si era rifugiato su di una zattera che lei gli consiglia di abbandonare. Al centro e in piedi Ino/Leucotea, abbigliata con una lunga veste bianca, figura ergere dai flutti marini davanti ad Ulisse che, in basso riverso di spalle e aggrappato alla sua zattera, prende con la mano sinistra, il velo bianco della dea. (L’opera completa di Fussli, Ed. Rizzoli, 1977, p. 102, tav. XLII, n° 207)


 Ulisse Deride Polifemo - L'Odissea di Omero (1829)
William Turner (Inghilterra, 1775 - 1851)
olio su tela, 132 x 203 cm
Londra, Inghilterra - National Gallery


 Ulisse e le Sirene (1853 o 1867?)
Léon Adolphe Auguste Belly (Francia, 1827-1877)
olio su tela
Saint-Omer, Francia - Musée de l'hôtel Sandelin
 

Circe, regina della sua isola ma soprattutto maga, dal suo trono offre una coppa a Ulisse. La coppa è il suo benvenuto, un inganno che ha trasformato i compagni dell’eroe in maiali, in una metafora impietosa della vera natura degli uomini e della forza della seduzione delle donne.

Ma Ulisse è furbo, e non cade nella trappola e non solo si salva dalla magia, ma fa innamorare la regina che entrerà nell’elenco delle sedotte e abbandonate della letteratura classica.

Waterhouse sceglie il momento dell’incontro, in cui i due protagonisti, ognuno a suo modo, si sentono minacciati dall’altro, quando ancora non si è sicuri di come andrà a finire. Circe vede le navi e la minaccia alla sua libertà, Ulisse vede il maiale, la coppa, oltre alla bellezza della regina e teme per la sua vita. La donna usa la seduzione e l’inganno, l’uomo la furbizia e la scaltrezza.

Una scena dalla tensione drammatica sottile che si esplica nell’invenzione dello specchio, deus ex machina della narrazione e del senso di profondità dello spazio. E’ grazie a lui, infatti, che possiamo vedere quello che vede la maga: Ulisse e le sue navi attraccate davanti alla sua isola.

In primo piano abbiamo la bellissima Circe costruita con una posa che vuole farle occupare più spazio possibile grazie alle braccia distese in avanti verso lo spettatore, il mento alto e lo sguardo verso il basso a giustificare una posizione sopraelevata non solo fisicamente.

Ai piedi, disteso sul gradino, il maiale che un tempo era un marinaio, riposa come un cane in un ritratto rinascimentale, mentre lo stile “classico” rivive anche nelle linee circolari che si rincorrono partendo dallo specchio, per poi scendere alla spalliera del trono e sulla forma del gradino, fino a disegnare il pavimento stesso.

La veste azzurra della maga da cui si intravedono le forme morbide e la scelta generale dei colori richiamano l’ambientazione marina, ma anche cupa della scena, e ne aumentano l’impatto emotivo, mentre la pelle candida della donna si scontra con il colore riarso del condottiero, che racconta il mare da cui proviene.

 Circe che offre la coppa a Ulisse (1881)
John William Waterhouse (1849-1917)
olio su tela, 149 x 92 cm
Oldham, Manchester, Inghilterra - Gallery Oldham


 Ulisse e Calipso (1883)
Arnold Böcklin (Basilea, Svizzera, 1827 - Fiesole, Firenze, 1901)
olio su tavola, cm 104 x 150
Basilea, Svizzera - Kunstmuseum

Questo quadro di Arnold Böcklin riassume tutto il dramma di Odisseo. L’eroe greco è di spalle, oscuro, forse avvolto in un tetro mantello, assumendo le fattezze di un’ombra; più in basso, Calipso lo osserva e il suo egoistico sguardo d’amore potrebbe tradire una dolorosa compassione, forse amore anch’essa, una pietà per l’uomo “dalla mente accorta” che si dispera per la sua terra irraggiungibile. Si ripensa subito a quell’Odisseo agghiacciante, nero, una macchia priva di spessore.

Ad osservarlo attentamente, pare che Böcklin abbia disegnato il nostro Odisseo, quello della letteratura novecentesca, l’Odisseo impersonale, scavato, che non può nominare il reale né ritrovare il suo mondo. Un Odisseo di fronte all’assenza di Itaca.


 Ulisse e le Sirene (1891)
John William Waterhouse (1849-1917)
olio su tela, 100 × 201.7 cm
Melbourne, Australia - National Gallery of Victoria
 
 
 Scrive Vanessa Paladini:

«Il preraffaellita J.W. Waterhouse (1849- 1917) , nato a Roma ma trasferitosi in tenera età a Londra, nelle sue opere mostra una spiccata propensione artistica verso l’epica greco-latina ed il ciclo Bretone.
Nella sua produzione molti sono i soggetti storico mitologici che vengono raffigurati: La maga Circe, il giovane Ila e le ninfe, Psiche, Pandora ma un posto di rilievo lo hanno le sirene.
Una nota curiosa appare nell’ evocativa opera “Ulisse e le sirene”, che Waterhouse dipinge nel 1891, dove le sirene sono presentate come uccelli e non come ibridi di donna e di pesce. Il dipinto, che si ispira al XII libro dell’Odissea di Omero, è sicuramente uno dei più famosi dell’artista ed è oggi ubicato nella Royal Academy di Londra.
Per comprendere la scelta artistica di Waterhouse occorre partire dalla mitologia classica.
Le sirene erano, secondo il mito, figlie del dio fiume Achelaoo e di una delle muse ( Mnemosine, Tersicore o Calliope) e vivevano sull’Isola di Antenoessa , non distante dallo stretto di Scilla e Cariddi (dove giunge Ulisse nel libro XII dell’Odissea).
Cantavano soavemente ai naviganti profezie relative al regno dell’Ade e la loro isola era bianca delle ossa spolpate dei marinai uccisi.
La loro figura era legata a Persefone poiché erano sue antiche compagne di giochi e quando Ade rapì la regina esse furono trasformate in uccelli, per aver assistito inerti a questo ratto.
Nel quadro viene raffigurata l’imbarcazione di Ulisse sulla quale incombono sette crudeli sirene dal bellissimo volto di donna e corpo da uccello.
Il loro numero è in contrasto con la tradizione che ne considera tre: Leucosia (“bianca”), Ligea (“acuta”) e Partenope (“virginale”) . Nel poema omerico invece sono due, ciò si può ricavare dalla presenza della forma grammaticale greca del duale.
E’ presente anche un’altra contraddizione nell’opera di Waterhouse.
Le Sirene simboleggiavano la bonaccia che rendeva ingovernabile la nave ma nello scenario che dipinge il preraffaellita il mare è leggermente agitato e la vela è sospinta dal vento.
Omero scrive: “ed ecco a un tratto il vento cessò; e bonaccia fu senza fiati: addormentò l’onde un dio.” (libro XII, vv.236-238)
Odisseo è legato saldamente all’albero maestro della nave con l’ordine tassativo di non essere slegato.
“ma voi con legami strettissimi dovete legarmi, perché io resti fermo, in piedi sulla scarpa dell’albero: a questo le corde m’attacchino. E se vi pregassi, se v’ordinassi di sciogliermi, voi con nodi più numerosi stringetemi!”( Libro XII).
I suoi tredici compagni invece hanno le orecchie tappate da cera, alcuni continuano a remare mentre uno di loro è blandito da una sirena poggiata sulla nave.
Il britannico Waterhouse si dimostra conoscitore di tradizioni artistiche che si rifanno anche all’archeologia classica quando pone la sua attenzione sulla raffigurazione delle sirene in rapporto all’Odissea.»

Canto della sirene: "qui vieni dunque, glorioso Ulisse; ferma la nave, o sommo onor dei Greci, sì che tu possa il nostro canto udire! Nessuno mai con la sua negra nave passò di qui, che non udisse prima dal labbro nostro l'armonia soave; ma enebbriato se ne parte ognuno e assai più dotto. Poiché ben sappiamo quanto han sofferto per voler dei Numi Teucri ed Achei nei vasti campi d'Ilio, e conosciamo tutto ciò che avviene su l'infinita genitrice Terra".

Ulisse e le sirene (1909)
Herbert James Draper (Inghilterra, 1863-1920)
olio su tela, 175.9 x 210 cm
Kingston upon Hull, Inghilterra - Ferens Art Gallery


Vengono raffigurati, nel mare in tempesta, 5 compagni nell’atto di remare: uno mentre lega Ulisse all’albero della nave. Tre sono le Sirene. Le Sirene di Draper, antropomorfe, sono aggrappate allo scafo in un tentativo di arrembaggio, e “occultano nella loro turgida bellezza un’insidia”. Esse rappresentano la forza della seduzione sensuale, resa evidente dal nudo femminile, ma anche quella intellettuale.

 Ulisse
Giulio Bargellini (Firenze, 1875 - Roma, 1936)
olio su tela
 

 Ulisse e le Sirene
Willy Pogány (1882-1955)
illustratrice nata in Ungheria e naturalizzata Americana, dove negli Stati Uniti è morta.
 olio su tavola, 55.9 x 40.6 cm

 
Calipso e Odisseo (s.d.)
William Russell Flint (Edimburgo, Scozia, 1880 - Londra, Inghilterra, 1969)
olio su tela, 101.5 x 127 cm

 
Nella mitologia greca Calipso (in greco antico: Καλυψώ, Kalypsṓ) è una Oceanina, o una Nereide, o una Ninfa, ovvero una Dea del mare, il cui nome deriva dal verbo greco ''kalýptein'' («nascondere»).

Ulisse e le Sirene (1975)
Marc Chagall (1887–1985)
litografia, 45.6 x 35.6 cm

 La zattera di Ulisse (2005)
Luca Pugliese (Avellino, 1973- )
acrilici su tela, 100 x 150 cm

Ulises (Ulisse), 2007
Juan Carlos Crespo Laínez (Spagna, 1965 - )
acrilico collage, 91 x 91 cm

ITACA

Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sarà questo il genere d'incontri
se il pensiero resta alto e un sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
n Ciclopi e Lestrigoni, no certo
né nell'irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro
se l'anima non te li mette contro.
Devi augurarti che la strada sia lunga.
Che i mattini d'estate siano tanti
quando nei porti - finalmente, e con che gioia -
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle coralli ebano e ambre
tutta merce fina, anche profumi
inebrianti che puoi,
va in molte città egizie
impara una quantità di cose dai dotti.
Sempre devi avere in mente Itaca -
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull'isola, tu, ricco
dei tesori accumulati, per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei ma ti saresti messo
in viaggio: che cos'altro ti aspetti?
E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.

(Constantinos Kavafis)
Alessandria d'Egitto, 29 aprile 1863 – Alessandria d'Egitto, 29 aprile 1933; è stato un poeta e giornalista greco, nato nella folta comunità greca di Alessandria d'Egitto dove morì proprio il giorno del suo compleanno.


a cura di Rames Gaiba
© Riproduzione riservata
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Leggi anche:
  • TELA DI PENELOPE com'è raccontato tra Odissea e nell'arte
    (da: TRAMA E ORDITO il blog della moda - Curatore Rames Gaiba)


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