martedì 20 agosto 2019

LA MERIDIANA DI PONTE VECCHIO - FIRENZE

Iniziamo ad individuarla, perché non la si nota facilmente. Una testimonianza del Ponte trecentesco è rappresentata dalla particolare meridiana a forma di mezzaluna che si vede in alto sull'angolo della bottega che delimita la terrazza ovest (al centro del Ponte), quella dove attualmente si trova il busto di Benvenuto Cellini qui collocato nel 1901.

Risalente al XIV secolo, presenta la struttura quadrante verticale per l'indicazione delle Ore canoniche, ossia di quei momenti della giornata riservati alla preghiera in comune: l'ora Prima, che è alla levata del sole; il Mattutino si recitava all'alba¹; la Terza si recitava a metà mattina (lungo o corto che fosse il giorno);  la Sesta era sempre a mezzogiorno; la Nona si recitava a metà pomeriggio;  la Dodicesima si recitava al tramonto, era dedicata alla recitazione dei Vespri.²
 



Sotto la meridiana si trova una targa, questo “adornamento”, come recita una iscrizione sul basamento dell'orologio solare,  ormai quasi completamente usurata dal tempo, che ricorda l’alluvione che il 4 novembre 1333 colpì Firenze, durante la quale i ponti della città furono distrutti o gravemente danneggiati. Lo stesso Ponte Vecchio venne abbattuto dall’inondazione, per poi essere ricostruito nel 1345.

Sulla lapide, in lingua volgare, sono infatti riportate queste parole:
«Nel trentatre dopol il milletrecento, il ponte cadde per diluvio d'acque; poi dodici anni, come al Comun piacque, rifatto fu con questo adornamento».



Una lapide in pietra arenaria incisa (cm 50 x 60 x 5), ormai quasi illegibile, ricorda l'avvenimento e che, a maggior decoro del nuovo ponte, fu costruita una meridiana in marmo sulla quale una piccola scultura di una lucertola. La faccia della meridiana è rivolta a Sud, e la la lucertola si trova leggermente spostata a Est.




La lucertola è un simbolo solare che viene dall'antichità, a cercare sempre la luce del sole. Il testo protocristiano intitolato Physiologus riferisce che allorché il Sole sorge
«i suoi occhi si aprono ed essa guarisce. A questo modo, o uomo, quando [...] i tuoi occhi si offuscono, cerca anche tu il Sole, sorgente della giustizia, di nostro Signore Gesù Cristo, ed Egli aprirà gli occhi del tuo cuore».


L'Epigrafe³
 
 
 
Sul Ponte Vecchio la Meridiana (s.d.)⁴
Guido Colucci (1877-1949)
acquaforte, lastra cm 24.7 x 33
© Fondazione Ada Cullino Marcori - Firenze

 
Due copie esatte di questo orologio solare si trovano in Borgo Pinti, nel palazzo Ximenes-Panciatichi e nel giardino di villa I Tatti a Vincigliata.



«L'alba non è la levata del sole e neppure il tempo a lui di poco precedente (quello è l'aurora). I latini davano i nomi a questi momenti relazionandosi visivamente alla qualità naturale di quei momenti. Quindi "alba" deriva da "bianco" ed è un tempo attorno alla metà dello spazio che va dalla mezzanotte alla levata del sole. Ovvero quello che i romani chiamavano gallicinium. Un periodo, cioè, in cui il nero profondo della notte inizia leggermente ad illiminarsi, a schiarire. L'aurora si chiama così perché l'aria si tinge di oro e corrisponde a quell'oretta di crepuscolo che precede la levata del sole». [nota di Mario Arnaldi Corinzio, esperto di gnomonica medioevale].
«Le ore mostrate dalla meridiana sono di ben tre tipi anche se normalmente si notano le quattro divisioni formate dai raggi della ruota. Le possiamo chiamare Ore canoniche. Il Mattutino in seguito fu spostato all'aurora già da san Benedetto e chiamato Lodi. Sbagliato è indicare  come orario della Terza le ore 9:00 e Nona alle ore 15:00, perché questi orari sono (dove vengono indicati) corretti solo agli equinozi, ovvero quando la lunghezza del giorno e quello della notte si equivalgono. Anticamente e nel medioevo le ore non si contavano come oggi: si dividevano in 2 gruppi di 12, uno per il giorno e uno per la notte. Le ore dunque non erano uguali fra loro perché fra il giorno e la notte, secondo il periodo dell'anno, le notti sono più lunghe dei giorni e i giorni sono più lunghi delle notti. E tuttavia questo è un collocamento temporale standard, perché all'epoca di Dante (grossomodo quella della meridiana in questione) le campane suonavano la chiamata alle Ore canoniche già in modo diverso. È Dante stesso a ricordarcelo in modo molto chiaro nel suo Convivio. Nel capitolo 23 del quarto libro del Convivio Dante parla della partizione dei tempi per quattro e fra queste oltre ad essere nominate le quattro qualità di cui è fatto l'uomo (caldo, umido, secco e freddo) e abbinarle ai quattro stadi dell'età (adolescenza, gioventù, maturità e vecchiaia). Dice poi che anche il tempo viene diviso in 4 parti "E queste parti si fanno simigliantemente ne l'anno, in primavera, in estate, in autunno e in inverni; e nel die, ciò è infino a Terza, e poi infino a nona (lasciando la Sesta, nel mezzo di questa parte, per la ragione che si discerne) e poi infino al vespro, e dal vespro innanzi". Già in questo passaggi Dante fa capire la collocazione delle ore canoniche al suo tempo, ma solo questa frase lascia dubbi, così, più avanti spiega meglio queste divisioni che erano usate dalla Chiesa. E occorre dire che a quel tempo la divisione del giorno era in otto parti (suddivisione non mostrata dalla meridiana del ponte), ovvero le quattro fondamentali di cui s'è detto più le loro metà. Le 4 parti del giorno, dunque, sono ricordate da Dante, a parte l'ultima, con i nomi delle orazioni canoniche in esse recitate: la prima parte Terza, la seconda Nona, la terza Vespro, e la quarta (?). Sempre nel quarto trattato del Convivio, al medesimo capitolo (23), Dante prosegue: "e però, l'officio della prima parte del die, cioè la Terza, si dice infine di quella; e quello della terza parte e della quarta ne li principi. E però si dice mezza terza prima che suoni per quella parte; e mezza nona, poi che per quella parte è sonato; e così mezzo vespro. E però sappia ciascuno che, ne la diritta nona, sempre dee suonare nel cominciamento della settima ora del die (nel sistema orario antico e medioevale la sesta ora era quella che terminava a mezzogiorno, l'inizio della settima ora dunque è sempre il mezzogiorno." La suonata per la chiamata a Sesta viene ricordata fra parentesi da Dante nel pasaggio che ho riportato prima. Quindi la disposizione delle Ore Canoniche a Firenze, in quel periodo non doveva essere Prima alla levata, Terza a metà mattina, Sesta a mezzogiorno, Nona a metà pomeriggio e Vespri al tramonto, ma: Prima alla levata del sole, Terza a metà mattina, Sesta un'ora e mezza (non moderna) prima di mezzogiorno, Nona a mezzogiorno, Vespri a metà pomeriggio, al tramonto forse Compieta come è testimoniato in altri orologi solari di quel tempo.» [nota di Mario Arnaldi Corinzio, esperto di gnomonica medioevale. Qui una Bibliografia dei suoi saggi sulla materia]. 
₃ Del riquadro lapideo resta ancora visibile il lato sinistro, con il rilievo della mano indicante l'incipit del testo. La mano inoltre regge una croce. La croce vorrebbe significare che riemergendo dalle acque i fiorentini si sarebbero come battezzati ad una nuova vita ed a una nuova lingua, portatrice dei valori della comunità e non più mero ornamento.
₄ Guido Colucci riprese il ponte mentre stava appoggiato sul muro, nello slargo accanto al monumento al Cellini che, risalendo al 1901, ci fornisce un utile elemento post quem (punto di riferimento iniziale).     
     



a cura di Rames Gaiba

1 commento:

  1. Questo post non sarebbe stato possibile senza il determinante contributo di Mario Arnaldi Corinzio, esperto di gnomonica medioevale.
    Qui una Bibliografia dei suoi saggi sulla materia.
    https://marnaldi.wixsite.com/amarte/bibliografia-personale

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