giovedì 20 giugno 2019

20 giugno 2019 - BARTALI ENTRA NEGLI ESAMI DI MATURITÀ


Per la prima volta nella storia Gino Bartali entra negli Esami di Maturità (era il 20 giugno del 2019), nel tema di attualità «tra sport e storia» mi sembra una cosa bellissima che mi emoziona e mi commuove, perché allo sport viene riconosciuto il suo posto nella storia come valore fondamentale nella formazione culturale dei nostri ragazzi e di tutta la comunità.




Il celeberrimo campione di ciclismo è il protagonista di un brano inserito nella traccia C2 della prima prova di italiano, vale a dire il tema critico-argomentativo di attualità. Ecco il testo:

Sono proprio orgoglioso: un mio caro amico, mio e di tutti quelli che seguono il ciclismo, ha vinto la corsa della vita, anche se è morto da un po'. Il suo nome non sta più scritto soltanto negli albi d'oro del Giro d'Italia e del Tour de France, ma viene inciso direttamente nella pietra viva della storia, la storia più alta e più nobile degli uomini giusti.

A Gerusalemme sono pronti a preparargli il posto con tutti i più sacri onori: la sua memoria brillerà come esempio, con il titolo di 
«Giusto tra le nazioni», nella lista santa dello Yad Vashem, il «mausoleo» della Shoah. Se ne parlava da anni, sembrava quasi che fosse finito tutto nella polverosa soffitta del tempo, ma finalmente il riconoscimento arriva, guarda caso proprio nelle giornate dei campionati mondiali lungo le strade della sua Firenze.

Questo mio amico, amico molto più e molto prima di tanta gente che ne ha amato il talento sportivo e la stoffa umana, è Gino Bartali. Per noi del Giro, Gino d'Italia. Come già tutti hanno letto nei libri e visto nella fiction, il campione brontolone aveva un cuore grande e una fede profonda. Nell'autunno del 1943, non esitò un attimo a raccogliere l'invito del vescovo fiorentino Elia Della Costa. Il Cardinale gli proponeva corse in bicicletta molto particolari e molto rischiose: doveva infilare nel telaio documenti falsi e consegnarli agli ebrei braccati dai fascisti, salvandoli dalla deportazione.

Per più di un anno, Gino pedalò a grande ritmo tra Firenze e Assisi, abbinando ai suoi allenamenti la missione suprema. Gli ebrei dell'epoca ne hanno sempre parlato come di un angelo salvatore, pronto a dare senza chiedere niente. Tra una spola e l'altra, Bartali nascose pure nelle sue cantine una famiglia intera, padre, madre e due figli. Proprio uno di questi ragazzi d'allora, Giorgio Goldenberg, non ha mai smesso di raccontare negli anni, assieme ad altri ebrei salvati, il ruolo e la generosità di Gino. E nessuno dimentica che ad un certo punto, nel luglio del '44, sugli strani allenamenti puntò gli occhi il famigerato Mario Carità, fondatore del reparto speciale nella repubblica di Salò, anche se grazie al cielo l'aguzzino non ebbe poi tempo per approfondire le indagini.

Gino uscì dalla guerra sano e salvo, avviandosi a rianimare con Coppi i depressi umori degli italiani. I nostri padri e i nostri nonni amano raccontare che Gino salvò perfino l'Italia dalla rivoluzione bolscevica1, vincendo un memorabile Tour, ma questo forse è attribuirgli un merito vagamente leggendario, benché i suoi trionfi fossero realmente serviti a seminare un poco di serenità e di spirito patriottico nell'esasperato clima di allora. Non sono ingigantite, non sono romanzate, sono tutte perfettamente vere le pedalate contro i razzisti, da grande gregario degli ebrei. Lui che parlava molto e di tutto, della questione parlava sempre a fatica. Ricorda il figlio Andrea, il vero curatore amorevole della grande memoria: 
«Io ho sempre saputo, papà però si raccomandava di non dire niente a nessuno, perché ripeteva sempre che il bene si fa ma non si dice, e sfruttare le disgrazie degli altri per farsi belli è da vigliacchi...». [...] C'è chi dice che ne salvò cinquecento, chi seicento, chi mille. Sinceramente il numero conta poco. Ne avesse salvato uno solo, non cambierebbe nulla: a meritare il grato riconoscimento è la sensibilità che portò un campione così famoso a rischiare la vita per gli ultimi della terra.





Nella traccia è riportato un articolo scritto da Cristiano Gatti e pubblicato si Il Giornale del 24 settembre 2013. Nell'articolo Gatti ripercorre la vicenda degli ebrei salvati da Gino Bartali durante la Seconda Guerra Mondiale, vicenda che gli valse il riconoscimento di Giusto tra le Nazioni. Non è stata l'unica volta in cui le vicende sportive di Bartali si sono scontrate con la storia: nel 1948 infatti Bartali vinse il Tour de France portando a termine una vera e propria impresa sportiva, e fu opinione comune che la vittoria di Bartali distolse l'opinione pubblica dalle forti tensioni politiche sviluppatesi nelle stesse settimane in seguito all'attentato a Togliatti.La traccia del tema richiede di fare considerazioni critiche sul legame tra sport e storia a partire dalle vicende di Bartali, richiamando anche altre vicende ed esperienze personali.
 
Il bene si fa ma non si dice, certe medaglie si appendono all'anima, non alla giacca e sfruttare le disgrazie degli altri per farsi belli è da vigliacchi. Gino Bartali

Negli anni più bui della guerra il cardinale Elia Dalla Costa, amico di Bartoli, aveva chiesto al corridore - che era un cattolico devoto - se era disposto a fare da messaggero
alato in una rete clandestina di soccorso per i perseguitati dai fascisti e nazisti: si trattava di portare da Firenze ad Assisi¹, nascosti nella canna della bicicletta, fotografie e materiale per preparare documenti d'identità falsi per coloro che erano costretti a lasciare il paese o che dovevano viverci sotto altre spoglie, in particolare i cittadini ebrei, i perseguitati politici o i partigiani. Racconta il figlio Andrea: Chiamandosi Bartali era naturale che lo vedessero in giro, perché pensavano che si stesse allenando, quindi, anche se lo fermavano, sia la polizia italiana che la Gestapo, lo facevano per chiedergli curiosità sul ciclismo: non immaginavano certo che, nella canna della bicicletta, nascondesse documenti falsi, altrimenti sarebbe stato fucilato sul posto. Il grande ciclista non disse nulla, le sue eroiche gesta vennero riconosciute solo nel 2013, tanto che venne nominato Giusto tra le nazioni dallo Yad Vashem, il memoriale israeliano delle vittime dell'Olocausto.²
 




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La distanza stimata, oggi, della lunghezza del percorso stradale (senza autostrade, che allora non vi erano) tra Firenze e Assisi è di circa 171 chilometri.
₂ Atti di vero corraggio che gli sono valsi, dopo la morte a 86 anni nel 2000, grandi onorificenze: la medaglia d'oro al valore civile nel 2006 (conferitagli dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi) e soprattutto l'iscrizione del suo nome nel Giardino dei Giusti a Gerusalemme, accanto a quello di altri 500 italiani che si impegnarono ad aiutare i concittadini ebrei.
 
 
 
 

 
 
a cura di Rames Gaiba
© Riprodizione riservata

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